Il report di InfoCamere: il Nordest piace ai capitali stranieri
9 ottobre 2023 (Nordesteeconomia.it)
Veneto secondo e Friuli-Venezia Giulia settima. Le due regioni del Nord-Est spiccano nella classifica per la presenza di soci stranieri nelle imprese industriali. Come ampiamente prevedibile, il ranking regionale è guidato dalla Lombardia, che pertanto risulta la più attrattiva per i capitali internazionali a quota 2 mila
di LUIGI DELL’OLIO – Veneto secondo e Friuli-Venezia Giulia settima. Le due regioni del Nord-Est spiccano nella classifica per la presenza di soci stranieri nelle imprese industriali. Come ampiamente prevedibile, il ranking regionale è guidato dalla Lombardia, che pertanto risulta la più attrattiva per i capitali internazionali a quota 2 mila.
Il Veneto si attesta a quota 668 e l’Emilia-Romagna, che completa il podio, a 559 a partecipazioni da parte di investitori internazionali. Il quarto posto è appannaggio del Piemonte, quindi è la volta della Toscana e del Lazio, con il Friuli Venezia Giulia a 195. In coda le regioni meridionali, con la Campania prima dell’area e al decimo posto totale. Se invece si guarda ai soli casi in cui è straniero un azionista di maggioranza, la Lombardia si attesta a 1.548, il Veneto è sempre secondo con 475 e il Friuli Venezia Giulia arriva a 151 (anche in questo caso viene confermato il settimo posto). I dati, che emergono da uno studio di Infocamere (la società per l’innovazione digitale delle Camere di Commercio), indicano che il nostro Paese è fortemente attrattivo per i capitali internazionali, che un tempo si orientavano soprattutto verso le grandi realtà manifatturiere della Penisola, mentre da qualche tempo guardano soprattutto alle piccole e medie imprese, che solitamente presentano valutazioni più contenute a fronte di un elevato potenziale. L’interesse è particolarmente marcato verso aziende sane, già con posizioni di leadership o quasi nei rispettivi mercati, ma con capacità in buona parte ancora inespresse.
Tra il 2017 e il 2022 le partecipazioni internazionali sono cresciute del 22% a livello nazionale, arrivando a un totale di 4.218. Così, sull’intera galassia dell’industria italiana, quelle controllate da soci stranieri sono aumentate dall’1,4 all’1,9%. Nel Nord-Est il progresso è stato più forte: sia il Friuli Venezia Giulia, che il Veneto hanno messo a segno un +32% a dimostrazione del grande dinamismo dell’area. «In realtà sono numeri sottodimensionati rispetto al vero potenziale di attrattività del tessuto di imprese del territorio», commenta il mid-cap investor Giovanna Voltolina. Il quale segnala una vorticosa attività negli ultimi tempi sulle Pmi, come accaduto con Mabi International, storica azienda friulana con 45 anni di attività, oggi al 100% del colosso del lusso Chanel. Senza trascurare gli investimenti in modalità expansion ovvero con quote di minoranza, finalizzati alla crescita dell’azienda.
«Nel primo semestre, a livello nazionale l’espansione ha generato 210 milioni, quindi poco in termini assoluti, ma in aumento del 13% nel confronto annuo. Uno spiraglio che per piccolo che sia indica invece con grande forza la strada su cui davvero bisogna investire, unitamente a una cultura del lungo periodo, quella cioè in cui il passaggio generazionale non sia più, così come invece oggi è, il tramonto della Pmi».
Il passaggio di testimone è spesso un momento difficile per le imprese familiari, soprattutto quelle con un’impronta molto forte dell’imprenditore, che faticano ad aprirsi verso l’esterno. «Spesso i ‘vecchi’ capitani d’impresa non sono riusciti nell’interno di costruire una solida successione e quindi un futuro per l’azienda e questo può costituire un vincolo al proseguimento della vita aziendale», conclude l’esperta. Che auspica anche una relativa stabilità normativa in tema di regolamentazione delle imprese, compresi i passaggi generazionali, in modo da assicurare una cessione ordinata.