Confcommercio, nel 2022 Pil al 2,1. L’inflazione drena i risparmi del Covid, ripresa consumi rinviata al 2023

(Repubblica.it) 28 aprile 2022 – ROMA – Crescita al 2,1 per cento quest’anno e al 2,4 nel 2023: sono le previsioni di Confcommercio per l’economia italiana, in un panorama di forte preoccupazione delle famiglie: quasi la metà (il 47,6%) dichiara che ridurrà i risparmi, e il 26% si aspetta una riduzione del proprio reddito. Le stime del Pil sono molto distanti dal 3,1% stimato dal governo pochi giorni fa all’interno del Def, ma “il ritorno di un tempo di guerra ha determinato un sostanziale cambiamento di scenario e di prospettive”, rileva il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli in apertura del Forum Ambrosetti, a Roma oggi e domani, per cui “le stesse previsioni del Def appaiono un po’ ottimistiche: sia sotto il profilo della sottovalutazione dell’inflazione, sia per la conseguente sopravvalutazione della crescita”. In conclusione, “la ripresa è ancora tutta da costruire”, afferma Sangalli.

Non c’è solo la guerra: a incidere sui redditi e sulle prospettive delle famiglie anche  “il 54,8% indica alcuni fattori di contesto, in particolare: – si legge nell’Outlook Italia, redatto da Confcommercio e Censis – l’aumento del costo dell’energia, la paura di dover sopportare imminenti spese impreviste, l’incertezza sul futuro causata dai grandi eventi internazionali, come una possibile recrudescenza della pandemia e la guerra in corso in Ucraina”.

Il caro bollette è la prima causa dell’inflazione sempre più alta: il 2022 si chiuderà, secondo Confcommercio, con un aumento del 6,5% dei prezzi al consumo, “ben sette decimi sopra le valutazioni del governo”, sottolinea il direttore dell’Ufficio studi di Confcommercio Mariano Bella (ma si tratta solo delle ipotesi più probabili: Confcommercio mette a punto tre scenari, il più ottimistico vede un’inflazione al 5,5% e il peggiore al 7%). E poiché l’inflazione si ridurrà un po’ solo nel 2023, il pieno recupero dei consumi è rinviato alla fine dell’anno prossimo.

“E’ vero che adesso tutto sembra ripartito, però non cadiamo nel luogo comune che i ristoranti sono pieni e quindi l’economia va bene – spiega a Repubblica Bella – perché una cosa è la voglia di spendere, un’altra poi l’incremento della propensione al consumo. Nonostante la ripresa del turismo e delle attività del tempo libero, questi settori hanno perso moltissimo e faranno molta fatica a recuperare, noi prevediamo che ancora alla fine del 2022 siano ancora al meno 25, meno 30 per cento rispetto ai livelli precrisi”.

Alcuni mesi fa le previsioni erano ben diverse, ricorda il direttore del Centro Studi Confcommercio: “Quell’eccesso di risparmio accumulato durante la pandemia, 120-130 miliardi, si sarebbe riversato in gran parte nei consumi. Ma adesso, per via dell’incertezza dovuta in buona parte alla guerra, e dell’eccesso di inflazione, noi vediamo un ritorno ai consumi nel complesso solo alla fine del 2023, con un anno di ritardo rispetto al Pil”. E con molti limiti: “l’inflazione al 6,5% assorbirà gran parte di quel risparmio, tra i 90 e i 100 miliardi”. Sebbene tuttavia la fiducia delle famiglie al momento sia bassa, “le intenzioni di spesa non sono depresse”: si tratta di aspettare almeno che la guerra si concluda e che l’inflazione ripieghi almeno in parte.

Naturalmente gli aumenti dell’energia rappresentano un costo molto alto anche per le imprese, ricorda Confcommercio: ‘Nell’anno in corso, già ai prezzi attuali, la bolletta energetica delle imprese del terziario di mercato triplicherebbe. E l’autotrasporto delle merci potrebbe registrare un incremento dei prezzi dei carburanti del 40%”, rileva Sangalli, aggiungendo che “andrebbe raccolta senza indugio la sollecitazione italiana alla costituzione di stoccaggi e riserve energetiche europee comuni. Ma,soprattutto, occorre diversificare e rendere più sicuri i nostri approvvigionamenti, rafforzare la nostra capacità di rigassificazione, rilanciare la produzione nazionale di gas”.

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